Capitolo 1

Introduzione storico-biografica
 
1.1. La vita di Kawabata Yasunari
 
Kawabata Yasunari (川端康成) nasce a Ōsaka il 14 Giugno 1899. Nel giro di sette anni perderà quasi tutta la sua famiglia: a due anni muore il padre e a tre anni la madre. Nel 1906, a soli sette anni, si spegne anche la nonna, mentre l'unica sorella lo lascerà due anni dopo, in compagnia del solo nonno, cieco [1]. L'esperienza tragica della sua infanzia lo marcherà per tutta la vita. La sua condizione d'orfano, la vicinanza così stretta alla morte sono elementi che influenzeranno spiccatamente la sua narrativa. Dopo la scomparsa del nonno andrà a vivere in un dormitorio scolastico nei pressi di Ōsaka. A questo periodo appartiene la sua relazione omosessuale con un giovane studente, chiamato Kiyono. Ne restano tracce nel suo racconto Shōnen [Ragazzi] [2], pubblicato solo nel 1948-49, ma che, in realtà, è stato scritto con parte del materiale originario del 1922, il quale consisteva in un resoconto autobiografico della sua gita a Izu nonché della sua esperienza amorosa. Non è mai stato pubblicato integralmente. Dei suoi ricordi di infanzia e gioventù e, in particolare, della vita in comune con il nonno Kawabata ha scritto nel precoce Jūrokusai no nikki [Diario di un sedicenne] [3], che sarà pubblicato solo più tardi (1925) [4].
 
[1] Una descrizione significativa della cecità del nonno la si può trovare in Hinata, reperibile in traduzione come In pieno sole, in KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano - Suggestioni ed artifici, a cura di Ornella Civardi, Venezia, Marsilio, 1990, pp. 31-33, in originale in KAWABATA Yasunari, Kawabata Yasunari Zenshu [Opera completa di Kawabata Yasunari], a cura di Yamamoto Kenkichi, Inoue Yasushi, Nakamura Mitsuo, Tokyo, Shinchosha, 1981-84, vol. 1, pp. 23-25. La suddetta opera d'ora in poi sarà abbreviata in KYZ, seguita dal numero del volume e delle pagine citate.
[2] KYZ, vol. 10, pp. 141-255.
[3] KYZ, vol. 2, pp. 7-43.
[4] Keene sostiene che questa opera è stata scritta probabilmente nel 1914 e poi solo lievemente modificata prima della pubblicazione definitiva. Vedi Donald KEENE, Dawn to the West, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1984, p. 787. Alcuni studiosi moderni non sono d'accordo su questa ipotesi e, sulla base dello stile, spostano l'anno di composizione dell'opera al 1925 (vedi KEENE, cit., pp. 787-788).
 
Si è molto discusso, specialmente conoscendo la propensione dell'autore a modificare la realtà, se quest'opera giovanile di Kawabata possa essere considerata realistica o di finzione. In questo senso può trarre in inganno la traduzione del termine nikki (日記) utilizzando la parola "diario", quando nikki, nella tradizione della letteratura giapponese, non necessariamente definisce un'opera autobiografica o realistica: sembra che l'autore, infatti, volesse ricollegarsi con la tradizione letteraria della nikki bungaku (日記文学) [5]. Egli stesso ammette che potrebbe aver modificato molto il testo dalla data della sua stesura a quella della sua pubblicazione [6].
 
Già a tredici anni comincia a scrivere qualcosa sul quotidiano Keihan shinpō e su Bunshō sekai. E' di quel periodo la decisione di abbandonare la pittura per intraprendere la carriera letteraria. Nel 1918 si reca in viaggio di pellegrinaggio a Izu. Da quest'esperienza, nella quale conobbe una ballerina girovaga, nasce Izu no odoriko [La danzatrice di Izu] [7], pubblicato solo nel 1926. E' unanimemente considerato il primo vero capolavoro di Kawabata, sebbene sia lontano dagli intenti modernisti di opere come Suishō gensō [1931, Illusioni di cristallo] [8], scritte sotto l'influenza della Shinkankakuha. Izu no odoriko non è la cronaca fedele e obiettiva del viaggio di Kawabata a Izu: come nella maggior parte delle opere di Kawabata, la realtà è spesso intenzionalmente idealizzata.
 
[5] Per ulteriori approfondimenti si veda Roy STARRS, Soundings in Time - The Fictive Art of Kawabata Yasunari, Richmond (Surrey - U.K.), Japan Library, 1998, pp. 8-10.
[6] Vedi KEENE, cit., p. 789.
[7] KAWABATA Yasunari, The Izu Dancer, traduzione di Edward Seidensticker (con testo originale a fronte), Tokyo, Harashobo, 1965, pp. 7-67. Per la traduzione italiana, si veda Antonella FAVARO, Izu no Odoriko (la danzatrice di Izu) di Kawabata Yasunari, «Il Giappone», XXVIII, 1988, pp. 171-205 e KAWABATA Yasunari, La danzatrice di Izu, a cura di Antonietta Pastore in Romanzi e racconti, Milano, Mondadori, 2003, pp. 1025-1057.
[8] KYZ, vol. 3, pp. 343-377. Per la traduzione italiana si veda KAWABATA Yasunari, Immagini di cristallo, trad. di Lydia Origlia, Milano, SE, 1997, pp. 109-144.
 
La sua familiarità, fin dalla tenerissima infanzia, con la morte, lo portò ad essere sempre pronto a spendere qualche parola di elogio sugli amici morti, durante la celebrazione dei loro funerali. Fu infatti soprannominato da un conoscente [9] Sōshiki no meijin [Maestro di funerali] [10], titolo da lui poi dato ad un'opera del 1923. Questo particolare rapporto con la morte sarà presente in molte sue opere, dalle giovanili a quelle della maturità, dalle novelle ai romanzi. 
 
Durante tutta la sua vita letteraria, ad intermittenza (1921-1972), Kawabata pubblica numerosissime storie brevi, talvolta brevissime, le cosiddette Tenohira no shōsetsu [Novelle in un palmo di mano] [11], in tutto 146 [12]. Esse mostrano il modernismo della tecnica di Kawabata, trasmettendo sensazioni più che contenuti ben definiti. Non è un caso che una delle raccolte pubblicate, Kanjō sōshoku [1926, Suggestioni ed artifici] lasci scorgere uno degli intenti della letteratura di Kawabata: creare artifici atti a indurre suggestioni [13], più che restituire valori morali o giudizi di sorta.
 
[9] Si veda Mario TETI, introduzione a Yasunari Kawabata, a cura di Mario Teti, Milano, UTET, 1973, p. XI.
[10] KYZ, vol. 2, pp. 71-81. Per la traduzione in inglese, si veda il riferimento su Internet: KAWABATA Yasunari, The Master of Funerals, in The Dancing Girl of Izu and Other Stories, translated by Martin J. Holman, 1997,
https://www.washingtonpost.com/wp-srv/style/longterm/books/chap1/dancinggirlofizuandotherstories.htm.
[11] La stragrande maggioranza si trova in KYZ, vol. 1, in totale 122. Le altre sono sparse negli altri volumi, ad esempio abura [olio] in KYZ, vol. 2, pp. 61-70. Una variante è contenuta in KYZ, vol. 24, pp. 7-14. Per le traduzioni in Italiano, si vedano KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano - Suggestioni ed artifici [Kanjo soshoku], a cura di Ornella Civardi, Venezia, Marsilio, 1990, KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano - La mia galleria [Boku no hyohonshitsu], a cura di Ornella Civardi, Venezia, Marsilio, 1993 e KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano - L'album degli schizzi [Tanpenshu], a cura di Ornella Civardi, Venezia, Marsilio, 1996. Di recente ne è stata pubblicata una versione completa in italiano: KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano [Tenohira no shosetsu], Venezia, Marsilio, 2002. L'opera comprende 124 racconti e una serie di questi mai pubblicata prima in italiano: Un'erba, un fiore [Isso ikka].
[12] Secondo KEENE, cit., p. 800. 
[13] Si veda Ornella CIVARDI, introduzione a KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano - Suggestioni ed artifici, Venezia, Marsilio, 1990, p. 17.
 
Nel 1924 si laurea in letteratura giapponese all'Università imperiale di Tōkyō con una tesi sulla letteratura del periodo Heian (平安, 794-1186) [14], al quale rimase sempre in qualche modo fedele. Seppe, tuttavia, modificare la sua radice stilistica servendosi delle nuove correnti letterarie europee del novecento. Fonda infatti nel Novembre 1924, con Yokomitsu Riichi (横光利一, 1898-1947) ed altri letterati, la Shinkankakuha (新感覚派, Scuola della nuova sensibilità), dalla quale scaturirà una piccola ma ambiziosa rivista, Bungei jidai (文芸時代, Epoca letteraria). Assieme all'interesse per la letteratura inglese, si appassiona anche alla letteratura russa: Dostoevskij sarà sempre un autore fondamentale per lui. Legge Joyce e Proust dai quali sarà influenzato, in particolare per le sue opere più moderne. Contestualmente alla sua esperienza nella Shinkankakuha, Kawabata conosce Kikuchi Kan (菊池寛, 1889-1948), noto saggista e scrittore. Kikuchi sarà per lui un amico e mecenate: lo aiuterà anche a livello economico: Kawabata conobbe una cameriera di un caffè nel 1921 e, con l'intenzione di sposarla, chiese infatti a Kikuchi i soldi per il matrimonio. Tuttavia la ragazza, ad accordi già fatti, lo abbandona proprio la vigilia delle nozze, senza dargli spiegazioni esaurienti sul suo comportamento. E' un'esperienza che ha marcato profondamente il già tormentato giovane Kawabata. In quanto mecenate Kikuchi lo introdurrà nel mondo letterario nominandolo redattore delle riviste Shinshicho e Bungei shunju prima, giudice del premio letterario Akutagawa poi. 
 
Nel 1923 Kawabata assiste al grande terremoto del Kantō, che rase completamente al suolo Tōkyō e i dintorni. Inoltre, a pochi anni di distanza, nel 1927, si toglie la vita Akutagawa Ryunosuke (芥川龍之介, 1892-1927), scrittore cui Kawabata si sentiva profondamente legato.
 
[14] Rappresenta la vera e propria epoca d'oro della letteratura giapponese, il cui centro unico di produzione era Kyōto (京都), l'antica capitale del Giappone, detta appunto Heian-kyō (平安京, la vecchia capitale della pace e della tranquillità).
 
Figlia di quest'epoca è Kinju [1933, Degli uccelli e delle bestie] [15], opera nella quale si riflette la consapevolezza dell'autore della tragicità e crudeltà della vita. Kinju è stata spesso considerata un'opera autobiografica: a quel tempo Kawabata amava circondarsi di animali e raramente di persone. Tuttavia, l'autore ha sempre negato il legame tra l'opera e la sua vita personale, descrivendola come il suo parto peggiore. Anche questa è stata scritta in parti separate tra loro, e, come molte altre sue opere, è rimasta incompiuta.
 
Contemporaneamente alla sua attività letteraria comincia a viaggiare in lungo e largo per tutto il Giappone. Si sposa con Matsubayashi Hideko. Frequenta il quartiere dei divertimenti di Tōkyō, Asakusa, dopo aver affittato casa da quelle parti. Si trova spesso, in quel periodo, a girare tra i locali notturni e i teatri, sempre armato di penna e taccuino, alla ricerca di ispirazioni letterarie. Nascono da queste esperienze una serie di opere, tra cui Asakusa kurenaidan [1929, La banda rossa di Asakusa] [16] e Asakusa nikki [1932, Diario di Asakusa] [17]. Nel 1932 scrive anche Jojoka [Poema lirico] [18] che rappresenta un brillante esempio di storia di ispirazione surrealista.
 
Kawabata cercò sempre, accuratamente, di rimanere al di fuori della politica. In varie occasioni, tuttavia, fu accusato di stare dalla parte della censura. Nel 1934 entrò a fare parte, infatti, del Bungei Kondan Kai (文芸懇談会, Gruppo di discussione letteraria) che faceva capo alla Divisione di pubblica sicurezza del Ministero degli Interni: di fatto l'intento dell'organizzazione era di controllare il campo della letteratura, mentre in superficie si occupava di promuovere un movimento di rinascita della letteratura giapponese.
 
[15] KYZ, vol. 8, pp. 155-180. Per la traduzione italiana, KAWABATA Yasunari, Uccelli e altri animali, in KAWABATA Yasunari, La casa delle belle addormentate, a cura di Mario Teti, Milano, Mondadori, 1995 (1972), pp. 127-160. Una recente revisione della traduzione è disponibile in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., pp. 1135-1159.
[16] KYZ, vol. 4, pp. 49-211.
[17] Ibid., pp. 213-243.
[18] KYZ, vol. 3, pp. 471-499. Per la traduzione italiana, si veda Nicoletta SPADAVECCHIA, Jojoka (Lirica) di Kawabata Yasunari, «Il Giappone», XV, Roma, ISMEO, 1975, pp. 39-62. Una traduzione più recente a cura di Maria Teresa Orsi è disponibile in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., pp. 1107-1133.
 
Nello stesso anno cominciò la scrittura e la pubblicazione a puntate di Yukiguni [Il paese delle nevi] [19], che fu terminato solo nel 1948. Nel 1937 accettò, a pari merito, un premio per Yukiguni offerto dal Bungei Kondan Kai, mentre avrebbe potuto rifiutarlo come protesta contro la censura governativa. Nonostante ciò scrisse anche articoli contro l'oppressione della libertà di scrittura e a favore della ribellione contro le convenzioni sociali.
 
Nel 1938 hanno luogo una serie di partite di Go (碁) [20] tra il famoso maestro Shusai e il suo sfidante Otake. Kawabata, che era un appassionato di Go fin dai tempi delle scuole medie, scriverà dei resoconti dettagliati degli incontri e decise di pubblicarli successivamente in forma romanzata. Così nascerà Meijin [Il maestro di Go] [21], che sarà definitivamente pubblicato solo nel 1954. Il gioco attraeva Kawabata per il suo spirito di gratuità: essendo privo di scopo, Kawabata poteva concentrarsi sulla sua bellezza intrinseca, un po' come la cerimonia del tè lo sarà in Senbazuru [1952, Mille gru] [22] e il suo seguito Namichidori [1953, Il disegno del piviere] [23]. Nel 1941 si reca in Manciuria su invito del quotidiano Nichinichi, per tornare in Giappone proprio alla vigilia della Guerra del Pacifico.
 
[19] KYZ, 10, pp. 7-140. KYZ, vol. 10, pp. 7-140. Per la traduzione italiana, consultare KAWABATA Yasunari, Il paese delle nevi, trad. di Luca Lamberti dalla versione americana di Edward Seidensticker, Torino, Einaudi, 1959 e la traduzione integralmente condotta dall'originale giapponese a cura di Giorgio Amitrano in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 1-135.
[20] Gioco probabilmente importato dalla Cina e introdotto in Giappone durante la metà del VI secolo. Si svolge su un tavoliere di diciannove linee orizzontali e altrettante verticali, con centottantuno pedine nere e centottanta bianche. La prima mossa va alle nere, che spettano al giocatore meno abile. Lo scopo è quello di, collocando le pedine nelle intersezioni libere, conquistare un territorio più grande di quello dell'avversario e di catturare più pedine possibile, circondandole con le proprie.
[21] KYZ, 11, pp. 443-591. Per la traduzione italiana, si veda KAWABATA Yasunari, Il maestro di Go, a cura di Cristiana Ceci, Milano, SE, 1991 e la sua successiva revisione in KAWABATA, Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 137-321.
[22] KYZ, vol. 12, pp. 7-151. Per la traduzione italiana, si veda KAWABATA Yasunari, Mille gru, trad. di Mario Teti, Milano, SE, 1994 e la sua successiva revisione in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 323-435.
[23] KYZ, vol. 12, pp. 153-239. Per la traduzione italiana consultare KAWABATA Yasunari, Il disegno del piviere, a cura di Bona Pallavicini, Milano, SE, 1996.
 
Diventa quindi redattore della nuova rivista Bungei konwakai e direttore della Nippon Bungaku Hokoku Kai (日本文学報国会, Società patriottica letteraria giapponese) nel 1942. Negli anni del secondo conflitto mondiale (1941-1945), Kawabata pubblica pochissimo e sembra dedicarsi più alla lettura, in particolare a quei classici che tanto amava, come il Genji monogatari [24]. Nel 1943 adotta una figlia. Assiste, durante il conflitto, alla morte di molti suoi amici scrittori e compagni della Shinkankakuha, tra i quali Kataoka Teppei (片岡鉄平, 1894-1944), Yokomitsu Riichi e Kikuchi Kan. La sconfitta del Giappone lo colpirà profondamente, tanto che, sebbene spesso e deliberatamente si sia mostrato indifferente nei confronti della guerra, la sua esperienza di scrittore non sarà più la stessa. Da questa situazione di distruzione fisica del paese, scaturisce la sua esigenza di preservare l'identità culturale del Giappone, anche attraverso la conservazione della bellezza tipicamente giapponese. S'impegna quindi a far conoscere la letteratura del suo paese all'estero attraverso il PEN club, di cui diviene presidente nel 1948, succedendo a scrittori di grande levatura, come Shimazaki Tōson (島崎藤村, 1872-1943) e Shiga Naoya (志賀直哉, 1883-1971). E' l'occasione per incontrare altri grandi scrittori, di fama internazionale, come fece con Thomas S. Eliot. Nel 1945 fonda la Kamakura bunko (鎌倉文庫), la biblioteca circolante di Kamakura. Sarà proprio dalla Kamakura bunko che saranno pubblicati due dei primi scritti di un giovane e promettente scrittore: Mishima Yukio (三島由紀夫, 1925-1970). Nel 1952 pubblica Senbazuru [Mille gru] e nel 1954 Yama no oto [Il suono della montagna] [25] considerato, insieme con Yukiguni, il suo capolavoro.
 
[24] 源氏物語 [Storia di Genji] è il primo grande romanzo giapponese, composto intorno all'anno 1000 dalla dama di corte Murasaki Shikibu 
( 紫式部, 973/8-dopo 1014), viene considerato uno dei massimi capolavori della letteratura giapponese. Per la traduzione italiana si veda MURASAKI Shikibu, Storia di Genji, il principe splendente [Genji monogatari], trad. di Adriana Motti, 2 vols., Torino, Einaudi, 1992.
[25] KYZ, vol. 12, pp. 241-541. Per la traduzione italiana, si veda KAWABATA Yasunari, Il suono della montagna, trad. di Atsuko Ricca Suga, Milano, Bompiani, 1991 e la sua successiva revisione in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 437-714.
 
Yama no oto rappresenta una delle più riuscite opere di Kawabata, sia per i personaggi, realistici e credibili, sia per la profondità dei temi toccati, come quello della morte [26]. Una caratteristica peculiare dell'autore sarà la sua propensione per la pubblicazione delle sue opere su riviste di letteratura, a capitoli. Le versioni, inoltre, subivano rimaneggiamenti ed aggiunte, tanto da dare l'idea che le opere stesse fossero un materiale in eterno divenire. Yukiguni, come si è visto, fu iniziato nel 1934 e la sua versione definitiva fu pubblicata solo nel 1948. Rielaborazioni di quest'opera, però, sono stati rinvenuti postumi tra le sue carte. Kawabata affermò, infatti, che questo romanzo avrebbe potuto terminare in qualsiasi punto e poteva, allo stesso modo, essere ampliato a piacere.
 
Grazie all'opera di diffusione dei mass media e al boom economico a partire dalla metà degli anni '50, le opere di Kawabata riscuotono grande successo, merito anche del loro adattamento sul grande
schermo [27]. E' il caso di alcuni dei suoi romanzi principali, come Yukiguni [28] o Yama no oto [29].
 
Nel 1955, sempre e solo dopo averlo pubblicato a puntate, esce Mizumi [Il lago] [30], opera molto controversa. Racconta di uno studente dai piedi deformi che segue e spia giovani donne.
 
[26] Si veda KEENE, cit., pp. 831-832.
[27] Per i rapporti tra cinema giapponese e letteratura, si veda Max TESSIER (a cura di), Cinema et letterature au Japon de l'ère Meiji à nos jours, Paris, Centre Pompidou, 1986. Con riferimento specifico agli adattamenti cinematografici delle opere di Kawabata, si vedano le pp. 12, 66, 67.
[28] Yukiguni, 1957, diretto da Toyoda Shiro, prodotto dalla Toho Co. per mano di Sato Ichiro, interpretato da Ikebe Ryo e Kishi Keiko. 
[29] Yama no oto, 1954, diretto da Naruse Mikio, sceneggiato da Mizuki Yoko, prodotto dalla Toho Co. e interpretato da Hara Setsuko, Yamamura So, Uehara Ken, Sugi Yoko, Nagaoka Teruko, Tan'ami Yatsuko, Nakakita Chieko. Si veda, per ulteriori informazioni, AA.VV., Le cinema japonais de ses origines à nos jours, Paris, La cinématèque française, 1984, p. 59.
[30] KYZ, vol. 18, pp. 7-132. Per la versione italiana, si veda KAWABATA Yasunari, Il lago, trad. di Lydia Origlia, Parma, Guanda, 1983.
 
Molti critici, come Donald Keene, pensano che il romanzo lasci molto a desiderare [31].
Dal punto di vista della produzione, negli anni cinquanta Kawabata si dedicherà perlopiù a opere di grande diffusione, pubblicate su quotidiani o riviste di grossa tiratura non specializzate in campo letterario e destinate ad un pubblico più ampio. Non necessariamente questi scritti erano di qualità marginale, tuttavia gran parte della critica le ha messe da parte, anche perché Kawabata decise di non includerle nella versione completa delle sue opere [32].
 
Dopo la pubblicazione di Nemureru bijo [La casa delle belle addormentate] [33] nel 1961, Kawabata si dedicherà soprattutto allo sviluppo dei rapporti culturali con l'estero, mantenendo la sua carica di presidente del PEN club: fece apprezzare in Giappone non solo i maestri della letteratura europea moderna e contemporanea, come Joyce, Maupassant, Checov, Dostoevskij, Strindberg, ma anche la pittura occidentale, di cui Kawabata era grande cultore, come Leonardo e Cézanne. Pubblica la sua ultima opera di un certo rilievo: Kataude [Il braccio] [34], che rappresenta, per certi versi, un ritorno allo spirito sperimentale del primo Kawabata: la tecnica impiegata si avvicina infatti a quella del surrealismo. Viaggia in vari paesi europei, tra cui anche l'Italia.
 
[31] "Non c'è nulla della vaga oscurità che spesso avvolge le ultime pagine di un romanzo di Kawabata, ma piuttosto l'incertezza di un'opera che non giunge da nessuna parte", KEENE, cit., p. 833.
[32] Verranno poi incluse nell'ultima edizione, quella pubblicata negli anni 1981-84. Si veda la nota 1.
[33] KYZ, vol. 18, pp. 133-228. Per la traduzione italiana, consultare KAWABATA Yasunari, La casa delle belle addormentate, trad. di Mario Teti, Milano, Mondadori, 1995 (1972), pp. 1-126 e la sua successiva revisione in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 715-807.
[34] KYZ, vol. 8, pp. 545-573. Per la versione italiana, consultare KAWABATA Yasunari, Il braccio, in La casa delle belle addormentate, trad. di Mario Teti, Milano, Mondadori, 1995 (1972), pp. 161-197 e la sua successiva revisione in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., Milano, Mondadori, 2003, pp. 1177-1204.
 
Riceve lauree ad honorem da varie università, tra cui quella di Hanyang in Corea e di Honolulu, dove terrà una famosa conferenza sulla scoperta e l'essenza della bellezza [35]. Riceve il premio Nobel per la letteratura nel 1968. Kawabata dichiarerà che quel premio, più che a lui, è stato dato a tutta la letteratura giapponese. Viene trovato morto, con un tubo di gas in bocca, il 16 Aprile 1972, a quasi 73 anni. Le motivazioni e le circostanze del suo suicidio sollevano ancora molti interrogativi [36]. 
 
1.2. Kawabata, il suo tempo e la Shinkankakuha
 
La vita letteraria di Kawabata Yasunari copre l'era Taishō (大正, 1914-26) e buona parte dell'era Shōwa (昭和, 1926-91). In questo periodo assistiamo a dei grandi cambiamenti nel panorama culturale nipponico. In primo luogo, dopo il caso Kōtoku [37], fu sempre più insistente e necessaria l'interrogazione da parte degli scrittori sul ruolo della letteratura nella società moderna.
 
[35] Si veda KAWABATA Yasunari, Bi no sonzai to hakken, KYZ, vol. 28, pp. 384-413. Per la traduzione: KAWABATA Yasunari, The Existence and Discovery of Beauty [Bi no sonzai to hakken], Bilingual Edition, trad. di V. H.Viglielmo, Tōkyō, Mainichi Newspapers, 1969.
[36] Un punto di vista interessante sul suicidio di Kawabata lo fornisce IGA Mamoru in The Thorn in the Crysanthemum - Suicide and Economic Success in Modern Japan, Berkeley, University of California Press, 1986, pp. 106-113.
[37] Nel 1910-11 lo scrittore Kotoku Shusui (幸徳秋水, 1871-1911) e altre undici persone, che con lui avevano sostenuto la diffusione del pensiero socialista, furono arrestati e condannati a morte dopo un processo segreto. L'accusa era di aver cospirato contro l'imperatore.
 
Per molti l'intransigenza del governo, dimostrata nel suo esempio più tragico dalla condanna a morte di Kōtoku e gli altri, comportò la riduzione di prospettiva della scrittura, destinata quindi a restringere il suo campo da letteratura sociale a letteratura introspettiva. In secondo luogo i grandi cambiamenti economico-politici del Giappone, come l'inizio del grande processo di industrializzazione e l'apertura delle frontiere con l'occidente, portarono a profondi mutamenti di costumi, ad agitazioni e attività di partiti politici, nonché all'emergere di avanguardie culturali. In particolare, l'apertura con l'occidente indusse molti intellettuali a visitare l'America e l'Europa e, conseguentemente, molte opere occidentali furono tradotte in giapponese: è del 1909 la prima traduzione del manifesto futurista italiano per mano di Mori Ōgai (森鴎外, 1862-1922) [38]. Giunse in Giappone anche il Dadaismo nel 1920.
 
Dopo il terremoto nel Kantō (1923), che marcò la fine di un'epoca e la ricostruzione di un nuovo Giappone, ci fu una vera e propria esplosione di riviste (Bungei Jidai è del 1924) e una forte attività di rielaborazione e produzione letteraria in genere. Le riviste, in gran numero di genere letterario, cominciarono ad abbondare, fino a raggiungere, per il Giappone, il secondo posto a livello mondiale come attività editoriale [39]. Da menzionare anche il teatro: furono rappresentati, dopo la ricostruzione delle sale, alcuni drammi espressionisti tedeschi. In conseguenza di quest'ampio movimento di diffusione letteraria, di rinnovamento culturale e sociale e, non da ultimo, come reazione al romanzo di tono piatto dello Shizenshugi [40], nacquero diverse scuole letterarie.
 
La Shinkankakuha (Scuola della Nuova Sensibilità), rappresenta una di queste scuole artistiche d'avanguardia, influenzate dai nuovi movimenti artistici europei. Nasce ufficialmente nel Novembre del 1924, grazie ad un articolo di Chiba Kameo (千葉亀雄, 1878-1935) che ribattezza con quel nome il gruppo di letterati e scrittori radunatosi attorno alla rivista Bungei jidai (Epoca letteraria).
 
[38] Medico e scrittore, figura di prestigio della letteratura di epoca Meiji (??, 1868-1911).
[39] Come sostiene Costantino PES in La Shinkankakuha: un movimento d'avanguardia nel Giappone degli anni '20, «Il Giappone», XXXVIII, 1998, pp. 161.
[40] Vedi nota 41.
 
Il fine della scuola e perciò della rivista era di fondare un nuovo tipo di sensibilità che avrebbe posto la letteratura al centro della vita culturale nipponica così come, un tempo, il centro della vita culturale era la religione.
 
Il gruppo raccoltosi attorno a Bungei jidai era costituito da giovani dai venticinque ai trent'anni, perlopiù universitari, accentratisi attorno alla figura autorevole di Kikuchi Kan. L'idea di Kawabata Yasunari e Yokomitsu Riichi, i due più importanti esponenti della scuola, era quella di creare un nuovo stile, contrapponendosi allo Shishōsetsu [41] e al gruppo di letterati marxisti.
 
Due erano le linee principali di tendenza, chiare fin dalla nascita della rivista: in primo luogo l'arte non era diretta rappresentazione della vita, come concepivano gli scrittori dello Shishōsetsu, ma un atto creativo in sé e per sé. In secondo luogo l'ideale d'autore espresso nel primo numero di Bungei jidai [42] è di un artista dotato di grande sensibilità, isolato, influenzato solo parzialmente dall'epoca in cui vive. Fondamentale è la capacità creativa, aldilà di qualunque schema fisso o precostituito. Sono questi artisti che sono chiamati, quindi, a reggere la società. Da qui proviene il nome della rivista Bungei jidai (epoca letteraria).
 
Per ciò che concerne il pubblico, c'è una marcata tendenza a rivolgersi ai giovani, tramite apostrofi, esclamazioni, artifici retorici tipici dei manifesti. Ciò che gli scrittori della Shinkankakuha sentono fortemente è la rottura con il passato, non tanto nel senso di negare completamente richiami o suggestioni della letteratura classica o precedente, ai quali (in particolare Kawabata) devono molto, ma nel senso di sentirsi come fase di transizione verso un nuovo futuro.
 
[41] Shishosetsu, 私小説 l'equivalente di watakushi shōsetsu ovvero romanzo dell'io, romanzo confessione tipico dello Shizenshugi (自然主義), definito come "naturalismo giapponese". Gli esponenti di questa corrente letteraria interpretarono a loro modo il naturalismo di derivazione occidentale concependo l'opera letteraria come la descrizione, da parte dello scrittore/protagonista, degli eventi quotidiani della sua esistenza, privi di qualsiasi filtro, concentrandosi in particolar modo sulla descrizione della bruttezza e dello squallore di molte situazioni.
[42] Si veda JŪICHIYA Gisaburō, Sakka no sekai, «Bungei jidai», 1, 1, ottobre 1924, pp. 2-6, citato in PES, cit., p. 168.
 
Si avverte, quindi, una forte responsabilità nei confronti dei posteri, ai quali si dovrà necessariamente aprire la strada. A questo sentimento verso il futuro si aggiunge anche uno spiccato senso d'incompletezza, come il sentire di non appartenere a niente di preventivamente definito, all'incognita della novità, appunto, dell'avanguardia.
 
Vale ripetere, comunque, che non viene negato il valore del passato: Kawabata stesso parla di un panteismo dove scompaiono le distinzioni tra soggetto ed oggetto, in stretto rapporto con la visione del mondo dello Zen [43] : non è un caso che lo scrittore citi le poesie di ben due preti Zen nel discorso di accettazione del premio Nobel per la letteratura [44]. Del resto, non è un aspetto da trascurare questo richiamo al Giappone premoderno come fonte di stimoli. Perfino le avanguardie occidentali si sono spesso ispirate a quell'epoca del Giappone, basti pensare a Ezra Pound.
 
[43] Lo Zen 禅 è una delle principali forme di Buddismo presenti in Giappone. Ha origine in Cina e viene importata nel Paese del Sol Levante nel XII secolo. Rispetto al Buddismo indiano, lo Zen ha un'impronta più pratica, più terrena e pone l'accento sull'immediatezza della liberazione dalla sofferenza, ottenuta tramite la meditazione seduta (za-zen 座禅) o qualsiasi altra pratica quotidiana fatta con consapevolezza (vipassana). Ecco perché lo Zen influenzò le arti in Giappone, sia quelle con uno sviluppo più strettamente estetico (la cerimonia del Tè, pittura, scultura, l'adornamento tramite i fiori, la letteratura) che quelle della guerra. Per ulteriori approfondimenti si veda SUZUKI Daisetz T., Zen and Japanese Culture, New York, Bollingen Foundation, 1959 e Alan W. WATTS, La via dello Zen, Milano, Feltrinelli, 1987 (1960).
[44] KAWABATA Yasunari, Utsukushii Nihon no watakushi, KYZ, vol. 28, pp. 345-358, in traduzione inglese con testo a fronte in KAWABATA Yasunari, Japan, the Beautiful and Myself (Utsukushi Nihon no watakushi - sono josetsu), trad. di Edward Seidensticker, bilingual edition, Tōkyō, Kōdansha, 1969, tradotto in italiano come Il Giappone, la bellezza e io in KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 43-59 e come La bellezza del Giappone e io a cura di Maria Teresa Orsi in Romanzi e racconti, cit., pp. 1235-1253.
 
Ciò che preme agli autori della Shinkankakuha è, più che la definizione di uno stile, la creazione di una "nuova sensibilità", basata sulla percezione della totalità del cambiamento, in modo globale e sintetico. Non si giudichi una contraddizione la traduzione di Dante o della Bibbia, elementi importanti per la nuova scuola, perché tutto quello che era occidente era anche rottura con la tradizione giapponese, per quanto distante nel tempo esso fosse. Infatti si possono riscontrare diverse influenze bibliche nelle opere di Kawabata [45]. In questo senso la Shinkankakuha è tipica del periodo, amalgamando rottura con la tradizione e richiamo al passato, tra avanguardia e classicità.
 
In realtà non esiste un manifesto che illustri nei dettagli come debba essere espressa questa "nuova sensibilità". Si parla in termini generici, laddove ciascuno degli scrittori avrebbe dovuto trovare il suo mezzo espressivo. Si può tuttavia estrapolare degli elementi leggendo le opere dei vari autori. Per ciò che concerne Kawabata sono tre gli elementi essenziali.
 
In primo luogo il flusso di coscienza: Kawabata, in particolare, parlava della nuova scienza, la psicoanalisi, ed era interessato alle tecniche narrative che rappresentavano il fluire del pensiero, in particolare alle libere associazioni. Ciò era in linea con il movimento dadaista, teso alla liberazione dalla tirannia dei codici del linguaggio prestabiliti. In effetti, questa sperimentazione nello stile tesa a rappresentare il fluire discontinuo e dinamico della realtà sarà una caratteristica di tutta la letteratura di Kawabata, sia nel periodo della Shinkankakuha, sia negli anni a venire. Lo stile è caratterizzato da frasi brevi, spezzate, e da una forte resa visiva. Se ne trovano esempi anche nelle cosiddette Tenohira no shōsetsu, che rappresentano solo il primo stadio, in quella direzione, della narrativa di Kawabata:
 
Okayo finì per addormentarsi serenamente. Boo, boo, dal mare venne un lungo suono di sirena.
Mi sa che è proprio un naufragio. Il suono dei tamburi continuava ancora. Il cielo sul mare doveva già biancheggiare di luce mattutina [46].
 
[45] Citazioni più o meno esplicite del Vecchio, ma anche del Nuovo Testamento sono inserite qua e là in diverse opere di Kawabata, da Kataude [Il braccio] a Inochi no ki [L'albero della vita]. Per approfondimenti o stimoli, si legga TAKEDA Katsuhiko, Biblical Influence upon Yasunari Kawabata, «Neohelicon», 10, 1 (1983), pp. 95-103.
[46] Kadomatsu o taku, KYZ, vol. 1, p. 215. Cfr. la traduzione italiana di Ornella Civardi, in KAWABATA Yasunari, Racconti in un palmo di mano, Venezia, Marsilio, 2002, p. 311.
 
In secondo luogo, l'accostamento di immagini spezzate, non correlate, tecnica usata anche dai Surrealisti francesi :
 
Ambulatorio ostetrico di suo padre, che era ginecologo. Smalto bianco del lettino operatorio.
Una rana grande, grande che era distesa sulla pancia. Porta dell'ambulatorio. Smalto bianco delle maniglie. Dentro la stanza, aldilà della porta dalle maniglie di smalto bianco c'era un segreto. 
Perfino adesso ho quell'impressione. Lavabo di smalto. Lei aveva l'intenzione di toccare la maniglia di smalto bianco, ma aveva esitato. Qua e là svariate porte di camere. Bianche tendine [47]. 
 
Questo stile ricorda la tecnica dello haiku [48], basata anch'essa su versi brevi, quasi non correlati, spesso dalla forte resa visiva. L'utilizzo di una tecnica simile in un racconto più o meno esteso era quella di creare un senso di caos, di vuoto, di un cosmo senza senso né scopo non tanto fine a sé stesso (spesso questo era il rischio, tuttavia) ma, come lo haiku nella tradizione religiosa Zen, finalizzato ad aprire la mente al vuoto per acuire la percezione: una percezione diversa, più profonda e più partecipe della realtà [49].
 
In terzo luogo, l'uso di "epifanie" [50] (per usare un termine caro a Joyce) isolate le quali, anche se talvolta rischiano di frammentare la continuità della narrazione, rivelano l'essenza di una situazione o di un personaggio e, contestualmente, riducono la distanza da ciò che circonda:
 
Dall'oscurità della sala da bagno, improvvisamente giunse correndo una ragazza nuda. In piedi sull'estremità dello spogliatoio, la figura sembrava stesse per tuffarsi nel fiume; alzò completamente entrambe le braccia e gridò qualcosa. Non aveva neppure un asciugamano, era completamente nuda. Era la danzatrice. Osservando quelle gambe lunghe e nude come un giovane albero di paulonia, ebbi la sensazione come di acqua fresca e pura nel cuore e improvvisamente, dopo aver tirato un profondo sospiro di sollievo, sorrisi con gioia. Era una bambina, solo una bambina che, contenta di averci visti, era corsa fuori alla luce del sole, nuda così com'era, e stava ritta sulle punte dei piedi. Io continuai a sorridere con vera gioia. Fu come se, spazzato via un velo, i miei pensieri tornassero ad essere trasparenti. Non finii più di sorridere [51]. 
 
[47] Suishō Gensō, KYZ, vol. 3, p. 350. Cfr. la traduzione italiana di Lydia Origlia in KAWABATA Yasunari, Immagini di cristallo, Milano, SE, 1997, p. 116.
[48] 俳句 si tratta di una composizione brevissima, di diciassette sillabe, formata da tre versi (5-7-5), in voga dal periodo Tokugawa (徳川, 1603-1868).
[49] Si veda Alan W. WATTS, La via dello Zen, Milano, Feltrinelli, 1987 (1960), p. 196.
[50] Per una ottima definizione di "epifania" nel romanzo del Novecento, si veda Giacomo DEBENEDETTI, Il romanzo del Novecento, Milano, Garzanti, 1992 (1971), pp. 288-295.
[51] KAWABATA Yasunari The Izu Dancer, (edizione bilingue) trad. di Edward Seidensticker, Tōkyō, Harashobo, 1965, p. 27. Cfr. la traduzione italiana di Antonella Favaro in KAWABATA Yasunari, Izu no odoriko [la danzatrice di Izu], «Il Giappone», XXVIII, 1988, Roma, p. 191 e la versione di Antonietta Pastore in Romanzi e racconti, cit., pp. 1037-1038.
 
L'origine di queste descrizioni rivelatorie trae spunto da una sensibilità spiccatamente giapponese, che porta l'autore a cogliere sì la bellezza, ma anche la malinconia e la caducità insite nei singoli eventi od oggetti del cosmo. Nel caso di Kawabata, quindi, elementi di modernità s'intrecciano ad una sensibilità spirituale marcatamente tradizionale e buddista.
 
L'esperienza della Shinkankakuha non si ferma alla letteratura, ma prosegue con la creazione di una casa cinematografica indipendente, la Shinkankakuha eiga renmei (新感覚派映画連盟, Gruppo cinematografico Shinkankakuha). Gli anni venti videro giungere in Giappone i primi film dell'avanguardia espressionista tedesca. I membri della Shinkankakuha rimasero molto colpiti da Das Kabinett des Dr. Caligari (Il gabinetto del Dottor Caligari) [52] che fu proiettato a Tōkyō nel 1921. Il cineasta Kinugasa Teinosuke (衣笠貞之助, 1896-1982) si accordò con Kawabata, primo scrittore trovato disponibile tra i membri della Shinkankakuha, per una sceneggiatura. Si trattava di ambientare il soggetto in un circo, illustrando la vita in quello scenario. Kawabata modificò molto il soggetto, solo la figura del vecchio rimase invariata. Per il resto, il film era ambientato in un ospedale psichiatrico e prese il nome di Kurutta ippeiji [una pagina di follia] [53]. Vide la luce nel 1926. Fu girato in un tempo molto breve, con grande scarsità di mezzi finanziari. Tuttavia il risultato fu notevole.
 
[52] Capolavoro del regista tedesco Robert Wiene. Rappresenta il vero e proprio manifesto dell'espressionismo, proiettato per la prima volta a Berlino il 2 marzo 1920.
[53] La sceneggiatura di Kawabata si trova in KYZ, vol. 2, pp. 385-418, tradotta in italiano da Costantino Pes come Una pagina folle in KAWABATA Yasunari, Romanzi e racconti, cit., pp. 1059-1082.
 
Oggigiorno ci resta solo la pellicola, restaurata, ma è andato perduto il commento sonoro che, a detta di chi lo ascoltò [54], era impareggiabile. A livello finanziario fu un fallimento [55], anche se riscosse successo tra la critica [55]. Kawabata, nella sceneggiatura, ebbe l'abilità di proiettare sugli oggetti i sentimenti dei personaggi: gli rimarrà come elemento distintivo del suo stile. Traspare, inoltre, il fine nascosto della scrittura stessa, per Kawabata, ovvero raggiungere l'armonia tra le cose, il che comporta l'accettazione della realtà, più che la rottura con essa.
 
Negli anni a venire la produzione della Shinkankakuha diminuì, fino a che Bungei Jidai chiuse i battenti. Il desiderio di forte cambiamento voluto dai membri della shinkankakuha si scontrò con l'inefficacia, dal punto di vista sociale, di una concezione dell'arte troppo concentrata su sé stessa. Il grosso del pubblico non capì il messaggio e le istanze rivoluzionarie finirono in fumo.
 
[54] Come afferma PES, cit., p. 189.
[55] Ibid., pp. 189-190.
[56] Secondo Anderson e Richie fu invece un grande successo economico, si veda J. ANDERSON e D. RICHIE, The Japanese Film: Art and Industry, Princeton, Princeton University Press, 1982, pp. 54-55.